mercoledì 18 aprile 2012

Ma cosa vuol dire "svezzamento"?

Come tutti sappiamo le parole hanno un peso, nemmeno tanto piccolo.
Ogni parola della nostra lingua nasconde una storia che ci racconta quello che la società dei parlanti di una determinata lingua pensa riguardo ad un concetto (o l'assenza di un concetto).
Presa dalla curiosità sono andata a ricercare il significato e l'origine di una parola italiana che fa parte del titolo del nostro blog, ma che sinceramente non mi piace molto.
"Svezzare" contiene al suo interno le parole "vezzo" e "vizio" che sono allotrope del latino VITIUM (cioè sono diverse derivazioni della stessa parola). Fra le due "vizio" ha preso una valenza più negativa, mentre "vezzo" indica qualcosa di più carino, ma comunque non necessario. Per cui noi, svezzando, togliamo qualcosa di negativo o, alla meglio, di frivolo, cioè il seno della madre.
Mi sono domandata se anche in altre lingue indoeuropee esistesse questa connotazione e sfogliando i vecchi libri di linguistica son saltate fuori riflessioni interessanti.
Guardiamo in altre due lingue romanze (neolatine) cosa troviamo: in Spagnolo e Portoghese abbiamo due parole molto simili, rispettivamente "destetar" e "desmamar" entrambe con il medesimo significato: togliere il seno. In queste due lingue manca la parola latina "vitium". Però son parole che, in entrambe le lingue, vengono usate anche con connotazione negativa per dire ad una persona di togliersi un'abitudine o, peggio, un vizio.
Passiamo ora a due lingue di origine germanica. In Inglese "svezzare" si traduce con il verbo "to wean", che deriva dall'antico inglese (old English) "wenian" che significa "essere abituati a" (to get used to). A sua volta deriva dall'indoeuropeo *wen, cioè desiderare (è la stessa radice da cui viene il nome latino Venus, mica poco!). In Tedesco la parola utilizzata è Entwohung che ha la stessa origine indoeuropea *wen, diventata poi nell'antico altotedesco "wonen", che significa "desiderare". In entrambi i casi significa togliere qualcosa che si desidera, ma anche qui non leggo la connotazione negativa del "vizio".
Proviamo a vedere cosa succede in Sanscrito: il termine utilizzato è  स्तनत्याग "stantyAga" che significa sia "svezzamento" che "abbandono del luogo di appartenenza". Pur essendo una lingua indeuropea non contiene alcuna connotazione relativa al vizio o all'abitudine, ma l'immagine è quella di un bambino che abbandona il luogo di origine (il seno materno) che fino a quel momento lo ha nutrito in maniera esclusiva, per conoscere il mondo (anche attraverso il cibo!)

Devo dire che il Sanscrito rappresenta maggiormente quello che noi intendiamo per "svezzamento". 

In conclusione:
come può  chiamarsi "vizio" una cosa talmente naturale e importante per lo sviluppo fisico e psico-affettivo del nostro bambino?
Il latte ,ha per il bambino un valore  estremamente importante e l'introduzione dei cibi solidi non vuol dire escludere l'allattamento al seno.
Non dobbiamo avere fretta di passare all'alimentazione solida; il nostro bambino rinuncerebbe alla suzione, che per lui è un piacere intenso .
Fino a 3 mesi i bambini hanno poca salivazione e non sono in grado di spingere indietro il cibo e manca il riflesso della deglutizione.
Se il bambino mette in bocca qualcosa di solido quando non sa e non può ingoiare, potrà avvertire uno sgradevole senso di soffocamento e percepire   il cibo come un momento spiacevole.
Poi fino al 6° mese l'apparato digerente è immaturo;non è in grado  di assorbire e digerire bene nè cereali,nè proteine della carne,nè grassi.
Anche i reni sono immaturi e farebbero fatica  a eliminare il sale contenuto naturalmente nei cibi solidi.
Quindi, evitiamo di insistere col cucchiaino quando il nostro bambino è affamato ed il suo unico desiderio è quello di  bere il suo latte.
spettiamo che i tempi diventino maturi senza la paura di "viziare" il nostro piccolo, perchè di vizio non si tratta!

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