sabato 8 settembre 2012

Bambini schizzinosi



Quando si parla di bambini schizzinosi anzitutto si dovrebbe fare un po' di chiarezza con cosa si intende con questa parola. Un bambino (o una persona) è schizzinoso quando non mangia quanti cibi? Per essere schizzinoso deve essere un bambino che non assaggia o se almeno assaggia schizzinoso non lo è più?

Per rispondere a questa domanda ho provato a vedere cosa ci dice il dizionario etimologico, perché come abbiamo già visto riguardo alla parola "svezzamento" tante volte è proprio il significato di una parola a dircela lunga su quello che una determinata cultura intende con un termine: probabilmente deriva dal tedesco "Quetschen", cioè schiacciare (il naso), un atteggiamento tipico dello schizzinoso. Per cui ha a che fare con la smorfiosaggine, con il "capriccio" ed è un significato che va ben oltre al cibo.
A questo punto mi viene da pensare che l'accezione di questo termine, riferito all'alimentazione dei bambini, abbia un'accezione di critica: è un capriccio che si deve far passare a tutti i costi, perché se il bambino diventa "schizzinoso" poi sono guai.

Forse a questo punto faremmo bene a fermarci a riflettere su cosa intendiamo davvero con questo termine ed anche sul fatto che questo comportamento, così come altri, non è innato, ma viene appreso ed anche in questo caso l'esempio che conta è quello dei genitori, in quanto il bambino risponde con competenza a quanto gli succede attorno*
Anzitutto dobbiamo ricordarci che i bambini son tutti diversi ed hanno una propria indole alimentare che ci manifestano già da neonati: ci sono bambini che si avventano sul seno della madre come fossero ventose e probabilmente saranno bambini che si avventeranno sul cibo a quattro palmenti, mentre vi sono bambini "degustatori" che preferiranno prendere il cibo fra le dita per studiarlo bene bene, annusandolo, prima di assaggiarlo.
Non meno importante è ricordarsi che i bambini hanno papille gustative estremamente sensibili, a differenza degli adulti che se le son guastate mangiando cose troppo saporite, zuccherate e spesso anche fumando, per cui un minimo cambiamento che noi non percepiamo nemmeno più può portare al rifiuto di un piatto che è sempre stato accolto con gusto (tipica la frase "ma come! fino a ieri lo mangiavi!")....
Anche e soprattutto l'atteggiamento dei genitori, che tendono ad enfatizzare il "gusto" del cibo con commenti inopportuni (è buonissimo!) e ad enfatizzare anche le reazioni del bambino può portare a spiacevoli conseguenze. Se ci fermiamo a riflettere un secondo non ci verrebbe mai in mente di dar da mangiare ad un nostro amico qualcosa che sappiamo non piacere dicendo "ma dai! mangialo tutto che è buono!" o, peggio ancora, facendo leva sul senso di colpa ("ho cucinato con tanto amore!"). I bambini sono esseri umani con i loro gusti ed i loro momenti più o meno critici, anche loro sono condizionati dall'ambiente e dalle circostanze come la stanchezza o un particolare bisogno di attenzione e non possiamo prendercela con un bambino che semplicemente è coerente con i suoi gusti ed i suoi stati d'animo solo perché non rispetta quelle che sono le nostre aspettative.
Un altro atteggiamento che può portare al rifiuto del cibo è il caricare eccessivamente la decisione sul cosa mangiare da parte del bambino. Non dobbiamo dimenticarci che il bambino sa esattamente quali siano i suoi bisogni ed i suoi desideri, ma la guida devono essere SEMPRE i genitori. Se è giusto chiedere ad un bambino cosa gli piacerebbe mangiare e discuterne insieme d'altro canto è anche giusto non mettere la responsabilità dell'alimentazione della famiglia sulle spalle di un bambino, magari per poi sentirsi "offesi" quando poi non mangia quel che ha chiesto.

Non vogliamo offrire formule magiche per risolvere il "problema" dei bambini schizzinosi, perché ogni caso è diverso, ogni famiglia è diversa, ma solo proporre qualche spunto di riflessione sugli atteggiamenti della famiglia verso il cibo.
Alle volte basta il buon esempio (un genitore che dichiare di non amare particolarmente i cavoli, ma che li mangia ugualmente, è di certo un esempio migliore di un adulto che si forza a mangiare qualcosa che non gli piace dichiarando che è buono e fa bene), altre volte dimostrarsi interessati ai gusti del figlio, magari chiedendo perché non piace, fargli capire che ci interessa il suo punto di vista, non accusandolo di non mangiare qualcosa che è buono e fa bene e  basta. Così come non si può pretendere che un bambino stia tranquillo e fermo a tavola se il genitore si alza ogni due minuti col cellulare in mano.
Alcune  volte basta non riproporre sempre la solita minestra, ma variare e far scoprire nuovi sapori che potrebbero essere più graditi di altri.

Sicuramente chi ben incomincia, facendo scoprire gusti e consistenze fin dall'inizio, ma non è mai troppo tardi per riportare armonia ed equilibrio a tavola. Il pasto dovrebbe essere un momento in cui si sta insieme, non una tortura o un interrgatorio, lontano da altre distrazioni come tv, cellulari e giornali.
Un momento in cui tutti i componenti della famiglia vengono rispettati, chi abbiano 6 mesi o 90 anni.




*Cfr Jesper Juul, "Il bambino è competente" ed. Feltrinelli

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