sabato 12 maggio 2012

Ma quanto devono mangiare?



Un argomento spesso critico che si affronta spesso quando si tratta di dar mangiare ai bambini, sia in fase di svezzamento che dopo, e: "ma quanto devono mangiare?".
Spesso i pediatri forniscono ricettine con quantità ben definite, come se fosse una ricetta medica. Però queste ricette non tengono conto del fatto che i bambini non sono macchine o grafici, ma esseri umani, ed in quanto tali hanno particolari attitudini verso  il cibo che dipendono principalmente da loro carattere.
Se ci fermiamo a riflettere un momento possiamo constatare che già durante l'allattamento (che è considerato a richiesta sia in caso di allattamento al seno che artificiale, anche se purtroppo ancora persistono vecchie teorie di quantità ed orari definiti - ma di questo parleremo più avanti). Ci sono alcuni bambini che tettano voracemente e sempre affamati come lupi, altri che fanno piccole poppate frequenti e veloci intervallate da pisolini, bambini che restano attaccati al seno per ore ciucciando lentamente ed altri che in cinque minuti han trangugiato tutta la poppata. Non è difficile immaginarsi bambini affamati ad ogni pasto che prendeno il cibo a due mani per portarselo alla bocca, bambini che mangiano poco e frequentemente, bambini lenti nel mangiare che guardano il cibo nel piatto e lo studiano per due ore prima di portarlo alla bocca ed ogni bambino va rispettato nella sua indole e nelle sue scelte, così come rispetteremmo un amico che mangia più lentamente di noi o più voracemente.
Come accennavo prima ci hanno insegnato ad ascoltare i nostri figli durante l'allattamento perché sanno regolarsi da soli, per cui dubito fortemente che a 6 mesi perdano di colpo questa capacità. Per cui, salvo casi con problematiche particolari (bambini fortemente sottopeso, pretermine o con determinate patologie, - casi in cui è assolutamente necessario avere un parere medico -) ricordiamoci che i nostri figli sono competenti per quel che riguarda l'alimentazione. Ancora non hanno ansie da scaricare sul cibo o nervosi che bloccano  l'appetito. Anzi, spesso questi atteggiamenti tanto frequenti fra noi adulti (specialmente quelli della generazione degli attuali 30-40enni) sono frutto di una concezione alimentare errata basata sulla costrizione o sull'uso del cibo come premio/punizione o addirittura sul senso di colpa (chi di noi non si è mai sentito dire "mangia che in Africa i bambini muoiono di fame"?). Chissà dietro a quante persone che dietro ad ogni ansia rispondono col cibo ci sono stati bambini a cui è stato detto "se non fai il bravo niente dolce" "sei stato bravo per cui mangia il gelato" o cose di questo genere!
Questo tipo di atteggiamento spesso viene criticato da chi ci sta vicino (un po' come succede durante l'allattamento) e la domanda che ci rimbalza nelle orecchie è sempre la stessa "Ma mangerà abbastanza?"... io consiglio sempre di ricordare che non viviamo in un posto in cui i bambini muoiono di fame, ma in compenso viviamo in un posto in cui l'obesità sa prendendo sempre più piede. I bambini non si lasciano morire di fame, per cui facciamo un respiro e fidiamoci di loro.

Questo non vuol dire lasciar fare ai bambini in tutto e per tutto... ricordiamoci sempre che noi dobbiamo essere la loro guida. Un bambino ha la competenza, ma non ha ancora l'esperienza, per cui se un bambino mangerebbe hambuerger industriali tutto il giorno non significa lasciarlo fare, ma inidirzzarlo verso quella che è la nostra cultura alimentare.
Se noi siamo i primi a mangiare junk food non possiamo pretendere che i nostri figli  mangino zuppa ai quattro cereali tutti i giorni, sta a noi mangiare cose sane e gustose e trasmettere questa nostra esperienza ai nostri figli, che sono ancora troppo piccoli per gestire determinate scelte.
In questo modo ci si stacca sia dalla tradizione più antica in cui il genitore decide ed il figlio obbedisce senza discutere, sia dall'anarchia totale che, forse per ribellione al modello precedente, ha imperato negli ultimi anni e che ha fatto altrettanti danni.
. In questo modo si ha una crescita reciproca in cui l'adulto impara a rispettare la competenza del bambino mentre il bambino impara  dall'esperienza dell'adulto.

Per cui buttiamo via le bilance e concentriamoci sulla qualità dei prodotti, sull'amore con cui vengono cucinati e soprattutto sul modo in cui vengono consumati, non inteso come bonton, ma come ambiente che si respira a tavola. In questo modo avremo fatto tanto non solo per la salute ma anche per l'armonia attorno alla nostra tavola che in fin dei conti è il cuore della nostra casa!




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